martedì 24 luglio 2012

Alda Merini

 
 
La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri. Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili, di finire alla mercè di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini, quella che ci fa accettare i nostri limiti, che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto.
Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà.
Mi piacciono i barboni. Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.
 
 
 

Pablo Neruda

lunedì 23 luglio 2012

Vedi, cara

http://www.youtube.com/watch?v=rUAixFKAHew


" Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile parlare dei fantasmi di una mente.

Vedi cara, tutto quel che posso dire è che cambio un po' ogni giorno e che sono differente.
Vedi cara, certe volte sono in cielo come un aquilone al vento che poi a terra ricadrà.
Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già.
Vedi cara, certe crisi son soltanto segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire.
Vedi cara, certi giorni sono un anno, certe frasi sono un niente che non serve più sentire.
Vedi cara, le stagioni ed i sorrisi son denari che van spesi con dovuta proprietà.
Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già.

Non capisci quando cerco in una sera un mistero d'atmosfera che è difficile afferrare.
Quando rido senza muovere il mio viso, quando piango senza un grido, quando invece vorrei urlare.
Quando sogno dietro a frasi di canzoni, dietro a libri e ad aquiloni, dietro a ciò che non sarà.
Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già.

Non rimpiango tutto quello che mi hai dato, che son io che l'ho creato e potrei rifarlo ora.
Anche se tutto il mio tempo con te non dimentico perché questo tempo dura ancora.
Non cercare in un viso la ragione, in un nome la passione che lontano ora mi fa.
Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già.

Tu sei molto anche non sei abbastanza e non vedi la distanza che è fra i miei pensieri e i tuoi.
Tu sei tutto, ma quel tutto è ancora poco, tu sei paga del tuo gioco ed hai già quello che vuoi.
Io cerco ancora, e così non spaventarti quando senti allontanarmi: fugge il sogno, io resto qua.
Sii contenta della parte che tu hai, ti do quello che mi dai, chi ha la colpa non si sa.
Cerca dentro per capir quello che sento, per sentir che ciò che cerco non è il nuovo, libertà!
Vedi cara è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già."

domenica 15 luglio 2012

resistenza

Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue "gravissime" condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l'impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli... un monumento.

A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, con una famosa epigrafe (recante la data del 4.12.1952, ottavo anniversario del sacrificio di Duccio Galimberti), dettata per una lapide "ad ignominia", collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista. L’epigrafe afferma:

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

domenica 8 luglio 2012

Il negativo dell’amore


Maria Paola Colombo è una giovane scrittrice esordiente, capace di una grande incisività che ci regala un romanzo d’esordio davvero eccezionale dal titolo “Il negativo dell’amore”.

Maria Paola Colombo affronta in questo romanzo il tema della diversità in un modo davvero candido, puro e semplice, un modo che arriva diretto al cuore del lettore e che ci fa comprendere che la diversità è e rimane sempre tale, che rimane un limite, una linea di confine impossibile da sorpassare, ma che dopotutto c’è sempre un modo per andare al di là di quella diversità e vivere una vita che possa davvero dirsi tale con emozioni intense e profonde, paura, inquietudini, amore e felicità. Un romanzo insomma davvero perfetto in cui sembrano essere presenti tutti gli elementi indispensabili per parlare di un capolavoro, un romanzo d’esordio che vale davvero la pena di leggere, una giovane scrittrice davvero promettente che vale la pena di seguire da vicino.

Sua madre si è suicidata nel fiume e aveva cercato di portarla con sé ma Cica è riuscita a sopravvivere. Certo, l’acqua è ormai una sua nemica, una sostanza di cui avere paura, anzi terrore, una sostanza che non può far altro che ricordarle la morte quando invece per tutti è un segno di vita e di rinascita. Cica è una bambina piuttosto solitaria che cresce in compagnia dei libri e di un cane lupo senza avere grandi rapporti con i suoi compagni alla colonia che anzi non si lasciano mai sfuggire l’occasione per deriderla.
Walker è un bambino down nato in una famiglia pugliese. Ha due fratelli e ogni anno il suo compleanno viene festeggiato con una festa meravigliosa sul prato. Ama i ranger dei telefilm, i cavalli e trascorrere il tempo con suo nonno.
Cica e Walker crescono e diventano due adolescenti che, come ogni adolescente che si rispetti, stanno cercando il senso delle loro vite, la strada da intraprendere, il loro posto nel mondo. Cica e Walker non si conoscono eppure sono due anime affini, c’è qualcosa in loro di leggero e candido ma anche di audace e coraggioso, due anime che scorrono lontano dal mondo e da quella che viene comunemente definita normalità e che cercano di scovare il loro privato senso.
Cica e Walker sono destinati ad incontrarsi, un’esplosione più che un incontro, uno di quei rari momenti nella vita in cui tutto appare chiaro, un momento da assaporare in modo intenso perché poi, lo sappiamo bene, è destinato ad allontanarsi e disperdersi.

domenica 1 luglio 2012

Poesia!

L'acrobata
Michele Zarrillo

http://www.youtube.com/watch?v=4AtW4-Z6Pvk


C'è un mare in silenzio quassù e rete non ho
ma cresce il tamburo nel blu e mi lancerò
e fermano il fiato per mè ma li stupirò
nel cerchio che poi nel vuoto farò.
Le case la gente le vie lontane laggiù
gli errori degli uomini qui non contano più
la soglia del male che è in noi io supererò
e fino in platea ti raggiungerò.
Amore
che devo inventare
io come i poeti e gli uccelli qui a terra
equilibrio non ho
ma il cuore mi spinge a rischiare
e su questo filo attaccato alla luna ogni
sera vivrò
morendo davanti ai tuoi occhi e al tuo seno
mi libererò
nel volo che so.
Accarezzo il tuo grano e poi su
nell'immensità
qualunque promessa sarà più vera da qua
per lunghi secondi finché dimenticherò
che un uomo quassù restare non può.
Amore
che devo inventare
io come i bambini e gli acrobati a terra un
mio senno non ho
ma il cuore mi spinge a rischiare
e su questo trapezio che passa ogni sera e
non torna mai più
e che tenerezza afferrarti le mani, portarti
nel blu
e non scendere più...
Perdonami questa bugia più grande di noi
ma come vorrei
portarti lassù
non scendere più...non scendere più.